Un pari incolore. Guardando il risultato sembrerebbe il classico 0-0 all’italiana, senza pregi né difetti, invece è il frutto di una gara tosta, arcigna e incerta: perché l’Inter, uscita dal delirio gioioso di mercoledì sera in Supercoppa, non è crollata come alcuni credevano e l’Atalanta, considerata dai luminari come una candidata seria per lo scudetto, non è riuscita ancora una volta a regalarsi in casa una vittoria importante.
L’Inter non perdeva contro i bergamaschi da sei gare ufficiali in Serie A, anche se a questo giro è andata molto vicino al ko: Inzaghi e i suoi sono stati salvati da Samir Handanovic (7,5), di gran lunga il migliore in campo, con tre interventi divini che hanno rispedito al mittente le belle azioni dell’Atalanta. La Dea, in piena emergenza Covid, non poteva spremersi le meningi con ancora più forza, infatti Gasperini si è giocato la partita sulla fisicità e sull’equilibrio, soprattutto nel primo tempo, assai spento e noioso, sia da una parte che dall’altra. Da ricordare l’ottimo blocco creato da Demiral e Palomino su Edin Dzeko, letteralmente sconquassato e tornato per una notte lo sprecone di Roma: persino Sanchez, autore di una prestazione sufficiente, si è visto a tratti, con qualche incursione nell’area di rigore atalantina. L’unica vera minaccia l’ha creata proprio il cileno intorno alla mezz’ora, quando sfruttando un recupero alto e falloso da parte di Perisic si è ritrovato a tu per tu con Musso e si è lasciato incantare da una mega parata del portiere argentino. Il Var sarebbe comunque intervenuto per annullare la presunta rete e sottolineare l’abbaglio di Massa, assai incomprensibile.
Di solito dopo un’occasione così ghiotta l’Inter colpisce. Questa volta i pronostici si sono ribaltati, perché l’Atalanta aumentava l’intensità con il passare dei minuti e il secondo tempo ne è la riprova. Chi riteneva che l’Inter avesse sofferto troppo in Supercoppa si sbagliava, fisicamente gli uomini di Inzaghi hanno retto con lucidità, creando addirittura discrete minacce.
La più lampante quella di Dzeko: come può un giocatore, così esperto e abituato nel gioco aereo, a divorarsi un gol davanti alla porta su assist perfetto di Dumfries? Se lo sarà chiesto anche il suo allenatore, con le mani tese a strapparsi i capelli vista la posta in palio: inutile riallacciare le varie chiacchiere becere su Lukaku, perché l’ex attaccante di City e Roma ha disputato una buona partita, macchiata però da errori grossolani sotto porta che potevano costare caro.
Per fortuna dell’Inter, c’è il solito San Handanovic a sbarrare la strada agli avversari. Già con il primo intervento in uscita su Pessina (errore di Brozovic), il capitano sloveno ha evitato il gol dello 0-1, per poi ripetersi sul finale di partita in un contropiede creato ad arte dalla banda di Gasperini: Muriel, lanciato a rete, si è liberato di Bastoni e a tu per tu con Handanovic non è riuscito a batterlo rasoterra sul suo palo. A quel punto la Dea avrebbe meritato il vantaggio, e infatti Inzaghi, che in un solo slot aveva già inserito Dumfries, Vidal e Correa per Darmian, Calhanoglu e Sanchez, ha pensato a coprirsi lanciando nella mischia il titolare De Vrij per Bastoni e spostando Skriniar in posizione di centro sinistra.
L’Inter, nonostante tutto, ha cercato comunque di vincerla la partita. Ma sullo scadere l’Atalanta, questa volta con Pasalic, è stata fermata nuovamente da Handanovic, il quale in una sola serata ha confermato il primo posto in classifica per percentuale di tiri parati. A questo giro non è andata a buon fine neanche la zingarata sui titoli di coda del jolly D’Ambrosio, vicino al gol in pieno recupero. Così, tra un fallo e un altro, tra un urlo e un pizzico di paura, Atalanta e Inter non si sono fatte male, regalando una partita accattivante, macchiata soltanto dai 5000 tifosi presenti, che dovevano essere molti di più.
In tutto questo se la ride il Milan. Che contro lo Spezia potrà portarsi in caso di vittoria al primo posto in classifica, seppur con una partita in più. L’Inter non ha vinto e non ha brillato, ma ancora una volta ha ribadito la propria forza. Non nella fase offensiva, bensì nel portiere che si ritrova, più di 2 minuti con la palla tra i piedi e tre interventi da capitano e campione assoluto. Visti i tempi, a voi stabilire se è poco.