La nuova veste di Walter Mazzarri è durata pochissimo ed è già ricoperta di pesanti toppe. Il tecnico di San Vincenzo, richiamato al Napoli per risollevare una squadra sull’orlo di una crisi di nervi, si era presentato alla stampa con buonissimi propositi: stop alla ricerca continua di scuse, massimo rispetto per gli arbitri e un approccio sereno al dialogo soprattutto con i giornalisti. Insomma, addio ad ogni forma di polemica. Per poco. E’ bastata infatti un’espulsione di Simeone per doppio giallo a gettare nello sconforto il cambiato Mazzarri; “è una vergogna”, gridava l’ex Cagliari dalla panchina, con il volto rosso dalla collera, infuriato verso il direttore di gara Rapuano, colpevole secondo lui di aver rovinato una partita a metà del secondo tempo.
E così, tralasciando la tanto sognata rinfrescata all’immagine con la difesa a quattro, Mazzarri ha gettato a terra la maschera quando non si è presentato neanche alla cerimonia di premiazione con la sua squadra. Una scena già vista in quel di Pechino nel 2012, durante la Supercoppa persa contro la Juventus in Cina: in quell’occasione però i rossi furono due per il Napoli, uno a Pandev per ingiurie, l’altro a Zuniga per doppia ammonizione. Non è cambiata la sostanza, il Mazzarri furioso dell’epoca è rimasto tale ancora oggi, ha fotocopiato la sua versione e non ha saputo valorizzare neanche una prestazione importante da parte del suo Napoli, che ha difeso correttamente fino al gol di Lautaro e che avrebbe potuto passare addirittura in vantaggio se Sommer non avesse stoppato nuovamente Kvara con un miracolo dei suoi.
Il povero Walter non è ancora cambiato. Ricorda quelli che si segnano in palestra dopo una delusione d’amore per scolpire il fisico e abbandonano il progetto in neanche due settimane: il tecnico toscano è sempre il solito maestro della polemica, sostenitore di un calcio arcaico e con pesanti lacune nella comunicazione. Quella veste nuova si è già slacciata e verrà piazzata in soffitta, perché il tempo può migliorare l’uomo ma non cambiarlo.