Poteva essere la partita della svolta per l’Inter, visto il Ko interno della Lazio e la possibilità di accorciare il gap dalla seconda posizione. Come volevasi dimostrare, invece, i nerazzurri cadono ancora una volta nel momento decisivo della stagione; l’avversario di turno è un Bologna caparbio, aggressivo e ben messo in campo. A trionfare è pur sempre un interista, quel Sinisa Mihajlovic che ha fatto la storia e che continua a lottare contro il suo male; almeno per una serata potrà ergersi a “paladino del tatticismo“, oltre a sognare un piazzamento in Europa che non è più un obiettivo impossibile per i suoi ragazzi. Bastava osservare la formazione rossoblu per capire il tipo di partita che avrebbe popolato un Meazza deserto; solito 4-3-3 molto stretto, con la compattezza del duo difensivo Denswil-Danilo e l’intraprendenza di Barrow in attacco, autore tra le altre cose del gol della vittoria. Dalla parte opposta, Conte insiste sempre sul solito modulo di gioco, con Eriksen trequartista e il ritorno a centrocampo di Marcelo Brozovic, vista l’indisponibilità di Barella.
Nonostante un primo tempo a forti tinte nerazzurre, con il gol segnato da Romelu Lukaku e il miracolo di Skorupski su Ashley Young, il Bologna non si è mai arreso all’avversario, dimostrando un forte carattere e arrivando persino a sfiorare il pareggio nel nome di Orsolini, che si è trovato davanti un ottimo Handanovic. Il rigore fallito da Lautaro Martinez sposta definitivamente gli equilibri a favore degli ospiti; il primo pensiero era che l’Inter potesse chiudere la pratica in breve tempo, ma la variabile di questo calcio estivo sono proprio i cambi. Che vengono sfruttati a dovere da Mihajlovic; è il subentrato Juwara, infatti, a rimettere le cose a posto, per poi lasciare spazio di conquistare i tre punti all’ex atalantino Barrow. Finisce così, il Bologna si avvicina all’Europa League e l’Inter sprofonda nell’anonimato, con un campionato consegnato alla Juve e un terzo posto da difendere.
Se il buon Sinisa ha creato un capolavoro nella lettura dei 90 minuti, non si può dire lo stesso per il suo collega e amico Antonio Conte. La rinuncia sin dal primo minuto a Diego Godin rappresenta l’emblema di una squadra che non ha ancora capito la strada da intraprendere; solito gioco aggressivo, efficace per un tempo, ma deleterio nel secondo. A preoccupare non c’è solo la condizione fisica, ma soprattutto l’ossessivo attaccamento ad un modulo, il 3-4-1-2, che non rispecchia le caratteristiche dei giocatori dell’Inter. Per non parlare poi della ripetuta incertezza sul momento dei cambi; mentre il Bologna, seppure in 10, cercava di impensierire la retroguardia nerazzurra, Conte ha deciso di non mettere mano alla squadra e la sua arroganza intellettuale è stata punita dall’espulsione del già ammonito Bastoni. Errori macroscopici e da matita rossa per un tecnico che percepisce 11 milioni all’anno, ma la stagione dell’Inter può essere sintetizzata nella classica “dura legge del gol” di Max Pezzali, tanto gioco e poco equilibrio. Un peccato vista la rosa, inferiore sulla carta soltanto alla Juventus, ma alla fine è il campo ad emettere sentenze. E questa volta Sinisa insegna a giocare a calcio, Conte dimostra di essere un top assoluto dell’ inadeguatezza.