Da quando è arrivato in panchina ha collezionato una Champions League, una Premier, una Fa Cup e una Coppa di Lega, nonché una Community Shield vinta contro Guardiola. In mezzo due finali europee. Jurgen Klopp a Liverpool è considerato un “idolo“, colui che ha riportato il club dove merita di stare e sempre colui che con il suo carisma ha insegnato ai suoi giocatori a giocare a calcio divertendosi. Fare l’allenatore non è assolutamente semplice: tra tutti i mestieri, considerando l’intero panorama calcistico, è il più stressante, perché la stampa, i tifosi e la società per cui lavori chiedono sempre il massimo. Anche i migliori dunque sono costretti a sopportare stagioni nefaste, pressioni dalle quali è difficile divincolarsi. Un po’ la stessa situazione del Liverpool, ormeggiato al settimo posto in classifica e con due partite da recuperare, tra cui quella di domani sera ad Anfield contro il Wolverhampton. Un piazzamento questo che non rende felici né i tifosi né tantomeno Klopp: il manager tedesco ha infatti parlato di “rivoluzione” da effettuare a partire dal prossimo giugno, perché ha visto qualche giocatore calato in maniera vistosa (Alexander Arnold) e qualche altro non all’altezza del club per il quale gioca (Darwin Nunez).
Di errori sul mercato ne sono stati commessi, ma in casa Reds occorre guardare avanti e salvare una stagione che ondeggia tra il grottesco e il drammatico. Quel Liverpool che tutti conoscevamo non esiste più, non pressa come una volta e difende senza scudi: gli uomini di Klopp si sono fatti calpestare dal Real Madrid ad Anfield e anche contro il Crystal Palace, club non certo irresistibile, hanno gestito la gara senza affondare mai il colpo. Troppo poco. Urge cambiare marcia al più presto, anche perchè domenica arriverà il Manchester United, la rivale di sempre, rivitalizzata dal primo trofeo conquistato in stagione. Klopp ha sì il diritto di “fallire” un anno, ma nelle prossime due sfide, almeno per il piazzamento in Champions, è vietato sbagliare.