di Matteo Salvetti
L’epoca delle guerre civili è terminata da un pezzo. Ma la città di Roma, che nasconde alle proprie spalle secoli e secoli di storia, è rimasta una polveriera: per fortuna soltanto nel suo assetto sportivo, precisamente presso la sponda giallorossa, pervasa da malumori interni che sfociano anche nei rapporti con la piazza. Le undici “bestie” richieste da Juric non si sono viste neanche contro la Dinamo Kiev, arrivata a Roma incerottata ma vicina al gol in almeno un paio di occasioni; certo, vincere era l’unica cosa che contava davvero, ma stavolta è impossibile guardare al futuro con un po’ più di serenità.
I giallorossi sono affranti, lacerati da pesanti dissidi interni e da una proprietà che con le sue scriteriate decisioni ha messo i giocatori in cattiva luce anche di fronte ai tifosi, i quali fischiano prima e durante la partita, creando un ambiente ostile dal quale la Roma è costretta ad estraniarsi, pur giocando in casa. I problemi sono chiari e strutturali: l’unico vero marcatore è Dovbyk, le occasioni nitide create non superano mai la media di 2,5 a partita, il gioco latita ed è prevedibile, come prevedibili sono i continui cambi che impediscono di trovare il giusto assetto in campo. Persino la difesa scricchiola, nonostante il povero Svilar che è unico nel ruolo e l’ingaggio di Hummels, mai visto in campo: di questo se ne era accorto persino Mourinho, che lamentava l’eccessiva rigidità dei suoi giocatori, incapaci di cambiare modulo a gara in corso e adattarsi così agli avversari.
Ma il principale responsabile non può essere l’allenatore. Non lo era lo Special One (che a Roma ha fatto miracoli per poi essere cacciato) e non lo era neanche De Rossi (bandiera giallorossa e uomo squadra), né tantomeno lo è l’attuale allenatore Juric, privo di esperienza in piazze importanti e con un’idea di calcio precisa, che forse non si addice correttamente alla sua squadra. Se dunque l’ex tecnico del Torino merita rispetto almeno da parte dei tifosi, chi invece sta distruggendo mediaticamente e strutturalmente la Roma sono i Friedkin, i quali se ne stanno lontani e parlano solo attraverso i profili social del loro gruppo. Aggiungiamo che l’unica figura di riferimento è il giovane Ghisolfi, abbandonato a se stesso vista anche l’impossibilità di mandare i dirigenti rappresentativi alle riunioni di Lega.
La situazione è spiacevole e salvo miracoli non cambierà. I risultati possono certamente aiutare, ma ormai il danno è insanabile: passano le settimane, i mesi e la Roma è ancora avvolta da un’aura di mistero e di incomprensione, per una piazza che dopo anni di sold out sta iniziando lentamente ad allontanarsi dall’Olimpico. Nessuno lo avrebbe immaginato, forse il solo Mourinho, che adesso è davvero un rimpianto per i veri tifosi giallorossi. Il futuro preoccupa e non poco, chiamatelo pure disastro della Capitale.