Dopo l’ultimo test di Empoli ecco il messaggio lanciato dagli exit pool: l’Italia non è nelle prime quattro forze d’Europa. Tutto legittimo, almeno sulla carta, ma se per le proiezioni occorrerà attendere qualche giorno, per i risultati definitivi posticipiamo direttamente il verdetto, magari a luglio inoltrato. Perché la storia insegna che quando gli azzurri si sono trovati con le spalle al muro, schiacciati da un masso incombente, hanno saputo mostrare la loro forza trasformando la sofferenza in vittoria.
L’auspicio è che ciò possa avvenire nuovamente in Germania. Attorno alla nostra Italia gravita infatti un’aura cupa, incerta, come se gli Europei fossero capitati nel momento sbagliato, quello di riassetto degli equilibri, di sperimentazione e di programmazione riguardo il nuovo cambio generazionale cui Spalletti dovrà fare i conti prima o poi: in parte è così, i due moduli schierati contro Turchia e Bosnia ne sono la controprova, ma ormai il tempo passato non conta più, perché il futuro è oggi ed è inammissibile nascondersi.
Così, in mezzo a dubbi amletici e concetti Kantiani, è arrivato pure Josè Mourinho a gettare un po’ di pepe sulla coda di noi italiani. Non è la prima volta che succede, ma a questo giro lo Special One ha lanciato la bomba dichiarando che l’Italia non ha abbastanza talento e non vincerà pertanto l’Europeo; parole forti e chiare, degne di un comunicatore eccelso quale il portoghese, comprensibili se paragoniamo l’undici italiano a quello di Francia, Germania e Spagna, meno comprensibili calcisticamente parlando se riavvolgiamo il nastro della storia e torniamo al trascorso italico di Mourinho. Il “quasi” triennio romano ha mostrato infatti tutti i pro e i contro di Josè, che dal trionfo in Conference è passato prima dall’essere lo psicologo della squadra in quel di Budapest, infine il “tradito” da tutti i suoi uomini di fiducia, Pellegrini in prima fila. E allora, l’Italia non sarà la favorita e probabilmente non replicherà la vittoria del torneo, ma nelle parole di Mourinho quanto conta il campo e quanto, invece, il risentimento personale?