Da diverse settimane è piombato sui club lo spettro degli infortuni. Nessuno ha indossato l’elmetto e lo scudo scaccia spiriti malefici, ogni allenatore combatte la propria battaglia con le unghie e con i denti, cercando di attribuire colpe a destra e a sinistra, senza identificare un bersaglio concreto. Il primo a lanciare l’allarme fu proprio Pep Guardiola, scagliandosi contro la lega calcio inglese e le numerose partite volte ad “acciaccare” la sua squadra stellare: dopo di lui è tornato alla carica Sarri, il mancato ministro dell’economia che ha rivoluzionato il calcio e ha espresso teorie giuste seppur con toni rivedibili. In mezzo postulati, articoli, interpretazioni e ipotesi.
Peccato però che proprio nel momento in cui i club dovrebbero risentirsi nessuno osa fare il primo passo. Perché, e questo lo sottolineiamo per i più distratti, è la sosta per le Nazionali il vero batterio nocivo alla galassia calcistica; da settembre a questa parte infatti sono già state due le interruzioni dei massimi campionati per lasciar spazio alle qualificazioni europee e non solo, con la terza deleteria pausa che si svolgerà nel mese di novembre. In totale dunque tre weekend di vuoto cosmico, nei quali i giocatori sono costretti a viaggiare per il mondo e a sforzare ulteriormente il loro fisico, con allenatori e preparatori atletici diversi da quelli dei club e con partite, soprattutto quelle sudamericane, cruente e rischiose dal punto di vista infortuni. Se poi aggiungiamo alla lista le amichevoli (su tutte quelle di Germania e Francia) la pugnalata ai club è garantita. Pugnalata che raddoppia la sua forza nelle conseguenze che la sosta lascia sui calendari, i quali vengono accorciati costringendo le stesse squadre a giocare davvero ogni 3 giorni, con turni infrasettimanali di campionato e coppe europee. Morale della favola: stress e acciacchi.
Gli esempi più lampanti legano il passato al presente. Ancora lucido il ricordo dell’infortunio di Sanchez nel 2019 in Cile-Colombia per mano di Cuadrado, che costrinse l’Inter a non avere il suo attaccante per circa mezza stagione, così come tornando al presente il problema avuto da Giroud lo scorso settembre durante la sfida con l’Irlanda. In quell’occasione il bomber francese lasciò Parigi per tornare a Milanello e prepararsi in vista del derby, a dimostrazione di come certi impegni contino di più in questi momenti rispetto alle Nazionali. Ultimo caso, fresco di poche ore, la botta alla tibia rimediata da Lautaro Martinez in Argentina. Il ct Scaloni non sembra preoccupato, il ragazzo è un toro e reagisce bene ai colpi, l’Inter e gli interisti invece hanno il diritto di essere preoccupati, alla luce anche dell’assenza di Arnautovic.
Non siamo qui soltanto per enucleare problemi, ma per fornire soluzioni. Come quella, appoggiata da tanti addetti ai lavori, di ridurre le soste nell’arco della stagione invernale (accorciando così i calendari) e concentrarle in una sessione più lunga magari nel mese di giugno, cercando di mettere da parte una competizione tutt’altro che stellare come la Nations League. E’ preoccupante però il silenzio dei club nel momento più desolante dell’universo calcistico, quello in cui gli allenatori sanno come partono i giocatori, ma non come ritornano alla base. Benvenuti nella sosta infortuni.