Palermo, 24 marzo 2022: la più grande disfatta della storia della Nazionale italiana. Non è il titolo di un film, ma l’amara verità per un movimento calcistico progettato male e gestito peggio. L’Italia non riesce a qualificarsi al Mondiale per la seconda volta consecutiva e lo fa perdendo non con il Portogallo come tutti noi credevamo, ma con la Macedonia del Nord, oltretutto in casa nostra. Li abbiamo visti festeggiare, abbracciarsi, sommersi dai fischi del Barbera: peccato però che siano riusciti a fare quello che l’Italia per 95 minuti non è stata in grado di fare, tirare in porta. Una conclusione violenta di Trajkovski nei minuti di recupero, nient’altro. Solo difesa e qualche misero contropiede.
La sensazione che sul finale potesse succedere qualcosa esisteva, infatti Mancini non a caso ha gettato nella mischia capitan Chiellini, per provare a dare una strigliata ai suoi e sperare in un vero e proprio miracolo. Non è bastato, e la notte è lunga per fare processi. Come avviene in questi casi il primo a pagare sarà l’allenatore (salvo miracoli), che dopo aver vinto un Europeo ai calci di rigore non è riuscito a consolidare la forza del gruppo, lo si è visto nelle due sfide contro la Svizzera e nell’ultima trasferta irlandese, quando per l’ennesima volta non siamo riusciti a segnare neanche un gol. A proposito: gli svizzeri si divertiranno domani pomeriggio a Wembley in un’amichevole di lusso contro l’Inghilterra. Per l’Italia invece è tempo di profonde riflessioni, altro che “It’s coming Rome”.
Chi ha guardato attentamente la partita avrà capito per esempio che gli azzurri soffrono troppo la mancanza di una prima punta di livello. Immobile si è dimostrato un attaccante mediocre, quasi sempre anticipato sul più bello dalla coppia difensiva macedone, che non lo ha mai sofferto. L’unico giocatore che poteva fare la differenza era Balotelli, lasciato a casa per far spazio a Joao Pedro, protagonista in Serie A nella lotta per non retrocedere. Dettagli che in Europa fanno la differenza. Come le prestazioni imbarazzanti di Insigne e Berardi, quest’ultimo colpevole di essersi divorato una doppietta solo davanti alla porta: il capitano del Napoli, invece, ha provato a sfondare le linee nemiche ma quando il tacco, quando la punta, quando la giocata totalmente errata si è dimostrato innocuo per la manovra offensiva. Non ultimo Barella, carico a mille nell’era Conte, totalmente sfibrato con Inzaghi e in Nazionale. Da salvare semmai l’interista Bastoni, il migliore in campo assieme a Verratti.
Una débâcle profonda. Si interroghi ora l’intero movimento calcistico italiano, e lo faccia con criterio. Dal presidente di Lega ai settori giovanili, pensando a tutti quei ragazzi che vengono puntualmente bocciati e spediti nelle serie minori per far posto alle promesse internazionali. Un danno d’immagine alla nostra Serie A che francamente in teoria non è meritato, in pratica si: quante volte abbiamo osannato il nostro tatticismo e i ritmi lenti delle squadre italiane? Tantissime, adesso però è l’ora di guardare in faccia la realtà e spiare se possibile anche dagli altri campionati, perché l’intensità, la visione globale e la progettualità fanno la differenza. Non cadiamo nella solita polemica sulla mancanza di preparazione e sulla tanto agognata giornata del 20 marzo che doveva essere posticipata: preoccupiamoci semmai per la condizione fisica dei giocatori, o per la gestione a questo punto inutile dello stage che è stato fatto lo scorso gennaio, quando i vari campionati portoghesi, svizzeri e scozzesi (giustamente) venivano disputati regolarmente.
Meditare, e farlo con criterio. Intanto l’Italia (purtroppo) saluta in anticipo il Mondiale. “Ciao, ciao…” cantavano amaramente a Sanremo.