Perché continuare a ripetere che il punteggio di Manchester (6-2) non ha rispecchiato correttamente quello che si è visto in campo? Oppure, perché ostinarsi continuando a raccontare che se la Roma avesse avuto più fortuna al ritorno avrebbe forse passato il turno? La verità ad oggi è un’altra: nonostante la sconfitta dell’Olimpico il Manchester United si è dimostrato essere di un’altra categoria rispetto ai giallorossi, più tenace, caparbio, atletico e diretto ad affilare la spada nel ventre dell’avversario al momento giusto. Il risultato stampato in ogni tabellone dell’Europa League è eloquente, un secco e sonoro 8 a 5 a favore degli inglesi, i quali sono sopravvissuti a questo vortice in stile pallamano con la loro forza fisica e soprattutto con la loro qualità tecnica, a differenza invece di una Roma arrembante, orgogliosa nell’onore ma ancora enormemente distratta quando si tratta di difendere da squadra. E così nonostante il pestaggio totale, Fonseca può comunque salutare la seconda coppa europea sulla panchina giallorossa con una vittoria prestigiosa ai danni di una signora squadra come il Manchester United. I suoi ragazzi erano chiamati ad una prova di onore dopo la tragica caduta all’Old Trafford e sono riusciti parzialmente a rialzarsi. Curioso che a segnare il gol decisivo del 3-2 sia stato il giovane Zalewski, cresciuto calcisticamente proprio nel vivaio giallorosso, a dimostrazione che ogni tanto anche nel nostro Paese sarebbe importante lanciare nella mischia qualche prospetto interessante.
Meno curioso invece che si sia vista finalmente una Roma nello stile del suo attuale allenatore: Fonseca ha rilanciato la sua amata difesa a 4, con Smalling e Ibanez al centro, aiutati a centrocampo dal libero Mancini che si abbassava a costruire l’azione proprio in mezzo ai due centrali. Modulo 4-4-1-1.Nei primi minuti di gioco la scelta ha pagato perché lo United che è venuto all’Olimpico per respirare un po’ d’aria italiana si è trovato impreparato nel contenimento aereo degli attacchi giallorossi. E la Roma avrebbe potuto sbloccare subito la gara se non si fosse trovata davanti a sua volta un muro umano che porta il nome di De Gea. La splendida parata effettuata soltanto nei primi minuti sulla girata da due metri di Mancini è stata solo la prima di un’infinita serie di miracoli, talvolta fortunosi, con i quali ha tenuto a galla la sua squadra. Già nei primi 45′ il portierone spagnolo tanto demonizzato in Inghilterra si è ripetuto riuscendo a mettere una pezza sullo sciagurate disattenzioni di Shaw e sugli inserimenti sempre pericolosi di Pellegrini e Mkhitaryan. Il Manchester United si è visto solo in qualche frangente, soprattutto grazie al fenomeno di Bruno Fernandes che in mezzo al campo disegna, colora e consegna l’opera d’arte. La prima palla gol per i Red Devils l’ha avuta Cavani che ha colpito la traversa scavalcando con un pallonetto Mirante. Poi è stato lo stesso portiere giallorosso a salvare la squadra su un colpo a botta sicura del Matador. Infine, è dovuto capitolare al terzo tentativo quando Bruno Fernandes ha sventolato un assist al bacio per Cavani che a sua volta ha sparato in rete per il vantaggio United.
CHE DE GEA:- Se la Roma ha perso le speranze parte del merito è anche del fenomeno che il Manchester ha in porta. David De Gea, fin qui maltrattato da stampa e tifosi, si è superato nel secondo tempo con almeno tre parate decisive. All’intervallo Ole Gunnar Solskjaer ha tolto Wan Bissaka (già ammonito) per Williams e Shaw (imbarazzante) per Telles. Scelte che anziché rianimare la squadra hanno avuto l’effetto contrario, con la Roma che ha alzato il proprio baricentro e ha regalato ai suoi tifosi da casa venti minuti scoppiettanti. E’ riuscita a ribaltare il risultato con i gol di Dzeko (su assist involontario di Pedro) e la sassata di Cristante, poi si è trovata davanti De Gea e le speranze si sono ammutolite. Già, tre parate decisive una dietro l’altra proprio su Dzeko, Pedro e Mkhitaryan. Come cantavano gli 883 la dura legge del gol colpisce sempre in modo inaspettato, e anche questa volta lo United ha raggiunto il pari sempre con Cavani sfruttando una plateale dormita di gruppo della difesa giallorossa. La colpa è stata anche di Fonseca che non ha tolto il dolorante Bruno Peres e ha di fatto favorito da quella parte l’inserimento vincente del Matador su assist dell’eterno Bruno Fernandes. Il vero atto d’onore della Roma è la capacità di non arrendersi e come abbiamo già detto alla fine il terzo gol è arrivato grazie al giovane Zalewski: cross di Santon, conclusione al volo deviata da Telles ma gol attribuito al polacco, sotto gli occhi di Boniek in tribuna. Questa volta De Gea non ha potuto fare niente.
MA CON MOU:- E chissà mai che quel De Gea tanto ammirato a Manchester dallo Special One non possa arrivare in giallorosso nella prossima estate? E’ quello che i tifosi della Roma sperano, intanto però è giusto ribadire che diversamente da quanto possono dire i maestrini di tattica lo United ha ampiamente meritato di raggiungere la finale. Non tanto per il punteggio conseguito, quanto piuttosto per come lo ha raggiunto, una sommità di convinzione, preparazione atletica e mentalità vincente che porteranno Solskjaer a giocarsi la coppa contro il maestro Emery. Con Mourinho però la vita sarebbe stata decisamente più tosta: lo Special One ha guardato la partita da casa e fonti attendibili riportano che abbia già chiesto un portiere (De Gea), un attaccante e almeno un difensore valido. Questa la sua Roma, nell’attesa delle battaglie con le radio locali che metteranno un po’ più di pepe in quello che fino ad oggi è stato davvero un ambiente invivibile.