Uno scenario desolante. Non solo per i 5000 presenti sugli spalti che non si sono neanche sentiti, bensì per lo spettacolo squallido e a tratti drammatico che hanno offerto Lazio e Atalanta. Intendiamoci: la squadra di Gasperini, che ha avuto l’ok per partire per Roma soltanto in mattinata e che disponeva di un numero di positivi per fortuna inferiore a nove (limite necessario per decidere il rinvio della partita), ha disputato la gara nella giusta maniera, difendendo e sperando in una qualche netta occasione da gol che però non è arrivata. Alla fine infatti il Gasp è uscito dall’Olimpico con un sorrisetto, che vuol dire molto, se non tutto, per come ha dovuto gestire la situazione. L’esempio più lampante è rappresentato dalla titolarità del giovane Scalvini (18 anni), che nonostante l’emozione ha saputo tenere a bada Milinkovic Savic, con la fisicità e con qualche barlume di qualità nella penuria totale.
E’ stata la partita più brutta del campionato. Lo dicono i numeri: nel primo tempo zero conclusioni in porta da una parte e dall’altra, tanti falli, perdite di tempo con il fraseggio sterile a metà campo, scelte incomprensibili e talvolta snervanti. Non per colpa dell’Atalanta, semmai per colpa della Lazio, totalmente priva di una scintilla capace di ravvivare un po’ la gara: e così la scacchiera creata da Sarri si è frantumata di fronte al buon posizionamento dei difensori nerazzurri. Immobile, per citarne uno, non si è mai visto, surclassato come non mai dall’ottimo Demiral (il migliore della Dea), così come Luis Alberto, che è stato sostituito al 79′ da Basic più per la prestazione che per una strategia tattica.
La Lazio ha cercato di “gestire” la partita a suo modo: possesso palla (62%) e attesa del pertugio, che non c’è stato. Ancora una volta, la squadra di Sarri, che avrebbe dovuto vincere per avvicinare il quinto posto, si è smarrita nella propria ombra, al punto che anche sui social i tifosi hanno cominciato a spazientirsi, chiedendosi come mai non si vedono tiri nello specchio della porta e per quale motivo insistere sempre sull’ultimo passaggio senza provare con cattiveria la conclusione.
Risposte che dovrà dare Maurizio Sarri: dove sono le sue idee di calcio? Se è vero che lo stile di gioco del suo predecessore Simone Inzaghi è totalmente opposto alle logiche del sarrismo, è altrettanto vero che con un’Atalanta decimata era lecito aspettarsi un qualcosa in più. Invece ha prevalso il tedio, di stampo leopardiano. La ripresa è stata un po’ più pimpante, grazie anche all’atteggiamento dell’Atalanta che ha impegnato Strakosha in un paio di circostanze, tutt’altro che irresistibili. Gasperini si è poi chiuso nella propria metà campo, e allora la Lazio, con l’ingresso di Lazzari, si è lanciata all’attacco, salvo però ricadere nelle solite devastanti imprecisioni. Unica perla il tiro di Marusic che è uscito di un soffio fuori.
Il tempo è volato via fino al 94′, momento in cui si sono sentiti per la prima volta i fischi assordanti dell’Olimpico. A sottolineare una prestazione imbarazzante, come quella di Felipe Anderson, macchinoso, spento e distratto. Una serata in cui il risultato finale (0-0) rispecchia perfettamente l’andazzo della partita, nonostante il sorriso più che giustificato di Gasperini. Lo scenario desolante per eccellenza, che però farà storia, come la celebre frase manzoniana “ai posteri l’ardua sentenza“. Oggi più che mai attuale.