E’ stata un’impresa, alla fine il buonsenso ha avuto la meglio. Nonostante le incertezze, i comunicati e le volontà delle varie Asl locali, Juve e Napoli sono finalmente scese in campo regalando una delle gare più scoppiettanti della stagione. Certo, il complesso recita la sua parte: ma come mai i bianconeri, nella figura del loro allenatore, anche con una situazione a favore visto il cluster che attanagliava il Napoli non riescono a dare continuità ai risultati? E perché lo stesso Allegri, che aveva definito la rincorsa alle prime posizioni con l’aggettivo “stimolante”, non si dimostra più quello stratega di una volta che imbrigliava nella tela squadre come Barcellona e Atletico?
Quinto pareggio in stagione. Classico risultato di equilibrio, 1-1. Prestazione sul filo della sufficienza. Tre ingredienti che continuano a mescolarsi tra di loro, facendo festeggiare a questo giro proprio i calciatori del Napoli: quando Ospina e i suoi ad un certo punto della partita hanno cominciato ad intravedere un barlume in fondo al tunnel della fatica, hanno pensato (giustamente) a gestire la palla, facendo scorrere secondi preziosi e portando a casa un pari che per ovvi motivi sa di vittoria.
Ma la gara è stata combattuta, non poteva essere altrimenti. Il livello di intensità ha raggiunto picchi importanti, per sfortuna di Allegri. Che come al solito pensava di portarla a casa con il minimo sforzo: ad esempio partendo con il piede sull’acceleratore per scalare le marce con il passare dei minuti. Ma il calcio è cambiato, e infatti il Napoli, più tecnico della Juve, ha creato diverse minacce dalle parti di Szczesny, con Mertens e Insigne che quando partivano nell’uno contro uno preoccupavano i sedentari De Ligt e Rugani. Avevano qualità, e i bianconeri soffrono contro squadre del genere. Ciò nonostante, McKennie aveva comunque sfiorato il vantaggio di testa, mentre Rabiot, nelle vesti di sonnambulo, ha sprecato malamente un paio di contropiedi importanti, così come Morata, incorreggibile sul piano della dedizione nonché dell’aiuto ai compagni, ma troppo spesso impreciso quando si tratta di finalizzare.
L’unico campione di questa Juve è proprio lui, Federico Chiesa. Cattivo, furbo, veloce e fulminante. Il gol del pareggio ne è la dimostrazione: dopo un affondo vincente da parte di McKennie, l’ex attaccante della Fiorentina si è ritrovato la palla sul piede e ha lasciato partire un destro che complice anche una deviazione di Lobotka non ha perdonato Ospina. Da quel momento in poi, se la partita fosse stata fisica, la Juventus avrebbe vinto a mani basse grazie al centrocampo che si ritrova con Locatelli e Bentancur.
Ma oggi la qualità conta più della quantità.
E infatti la Juve di un tempo, quella pre-Sarri, non sarebbe mai andata sotto come avvenuto puntualmente al 26esimo del primo tempo. Il Napoli, che si era già fatto vedere nell’area bianconera con un tiro insidioso di Insigne, ha sfruttato un inserimento sul palo opposto di Politano e un conseguente appoggio su Mertens, il quale ha lasciato partire un diagonale vincente per il vantaggio partenopeo. La Juventus è finita di nuovo nell’oblio, guardare la mega giravolta di danza classica del povero Alex Sandro, totalmente ammaliato dalla qualità del belga. Allegri è corso ai ripari, tra i fischi dello Stadium, cercando di ridare linfa al centrocampo e all’attacco con Bentancur e Dybala, passando addirittura ad un 4-4-2 insolito, sperando insomma in un calo fisico del Napoli.
Che però non è avvenuto. Paradossalmente, gli uomini di Domenichini non sono neanche andati in affanno, da ricordare una conclusione insidiosa della Joja neutralizzata da Ospina, seguita poi da un colpo di testa tutt’altro che irresistibile di Kean, entrato al posto di Morata per riempire un po’ meglio l’area di rigore. Quando poi anche Chiesa è dovuto uscire per far posto a Kulusevski, la partita si è conclusa definitivamente.
Allegri dunque ha perso un’altra occasione per riaccorciare le distanze, mentre Spalletti e i suoi, che sanno benissimo di non poter vincere il campionato, si sono giustamente accontentati di un pareggio che sa di conquista in terra straniera. L’ennesima dimostrazione di come il calcio stia evolvendo e di come certi seguaci del corto muso non se ne siano ancora accorti.