In nome della città e, aggiungiamo noi, dei tifosi. Potremmo sintetizzare così la serata da leoni del Bayern Monaco, che in soli 90 minuti ha gettato a terra la maschera passiva delle ultime settimane e ha realizzato la sua miglior performance stagionale, annientando una Lazio che all’andata aveva avuto la meglio (1-0) mentre al ritorno in Baviera è stata letteralmente massacrata. Tutto è bene quel che finisce bene, dicevano. Eppure dietro alla splendida prestazione di Kane e compagni si nasconde ancora un mondo oscuro che è impossibile al momento da cancellare: i bavaresi infatti vivono in una polveriera, mediatica e gestionale, con un campionato che dopo 11 anni sta per fuggire di mano e un allenatore, Thomas Tuchel, ormai scaricato dallo spogliatoio e in attesa del benservito nel mese di giugno.
Problemi su problemi. Andando a memoria è difficile ricordare una stagione così travagliata, cominciata già in salita lo scorso agosto con la sconfitta in Supercoppa contro il Lipsia e diventata sconcertante nelle ultime settimane, le quali come ormai tutti sanno hanno portato all’annuncio di separazione con Tuchel e alla salita in cattedra del nuovo direttore sportivo Max Ebert, ex Borussia Monchengladbach e scopritore tra l’altro di Thuram. La sensazione di una rivoluzione estiva è nell’aria già da tempo, ma tralasciando il nome di chi sarà il nuovo allenatore, la prestazione contro la Lazio ha sancito la vittoria di uno spogliatoio in completa autogestione e in forte ostilità con Tuchel. Non è un caso che il manager tedesco sia sembrato un corpo estraneo alla galassia bavarese, quasi un trasgressore dei costumi del club: proteste timide in qualche occasione, sguardo basso, uomo solitario in uno stadio di 75.000 posti.
Spettacolo macabro e deplorevole che però insegna come al Bayern Monaco i veri allenatori siano spesso i giocatori. Ne è la dimostrazione il sorrisetto beffardo di Muller rivolto ai compagni, simbolo assoluto di battaglie europee che a questo giro era sicuro della rimonta, come del resto i suoi compagni di squadra, nettamente superiori agli avversari presi ad uno ad uno. Una coalizione subita in parte pure da Nagelsamann, accusato di essere troppo giovane e inesperto per gestire un club del genere. Ora nella stessa situazione si trova il povero Tuchel, tradito in Bundesliga ma ai quarti di Champions, come del resto hanno chiesto società e tifosi. A giugno la separazione, poi si aprirà un nuovo capitolo tutto da scrivere. Im Namen der Stadt.
Matteo Salvetti