Scende la Thula dal monte. E lo fa capitanata dal subentrato Toro Martinez, che letteralmente indiavolato annienta in metà tempo la povera difesa della Salernitana, sbriciolando quelle piccole certezze che i ragazzi di Paulo Sosa si erano creati durante il corso della partita. Non ci sono parole per descrivere il fortissimo impatto che ha avuto l’attaccante nerazzurro nel risolvere un match che con il passare dei minuti stava diventando ostico: una risposta a tutti coloro che lo accusavano di segnare per due o tre partite, salvo poi godersi il letargo e posticipare il rientro.
Lautaro Martinez è invece un fenomeno puro. Come pura è stata la manovra dell’Inter dal suo ingresso in campo, sia nella fase offensiva che in quella di gestione della palla: lo stesso Thuram è apparso rinvigorito, diversamente dal primo tempo sprecone che aveva giocato, sempre stretto nella morsa da Lovato. L’ingresso del capitano ha modificato dunque le redini della battaglia salernitana, basti pensare che tra il primo gol (62′) e il quarto (89′) sono passati 27 minuti, ritmo che si allinea quasi a quello del calcetto del giovedì sera.
Se nella prima rete il tocco sotto a saltare Ochoa è una pennellata artistica, sul raddoppio la sassata rifilata in porta andrebbe mostrata a tutte le scuole calcio per movimento e precisione. Grandissimi meriti anche a Dumfries, uomo assist del momento, e al compagno d’attacco Thuram, abile nel guadagnarsi un rigore che ha chiuso i conti e ha permesso a Lautaro di segnare il terzo gol della serata. Per il poker sarebbero passate poche manciate di secondi, tra una gestione della palla perfetta da parte dei nerazzurri e un Arechi che ha incitato la squadra di casa dall’inizio alla fine.
Se però Lautaro ha azionato la modalità campione alla giusta ora il bravo è da etichettare soprattutto a Simone Inzaghi. Criticato eccessivamente per i cambi nella sfida contro il Sassuolo, questa volta il tecnico piacentino ha avuto l’intuizione corretta, cercando di far sfogare la Salernitana per un’ora di gioco e inserire sul più bello la stella argentina, al fine di vincerla di “rimessa”. Strategia perfetta, perché giocare ogni tre giorni significa soffrire compatti e considerare i campi di provincia insidiosi quasi quanto i palcoscenici europei. L’Inter ci sta riuscendo e Inzaghi ha bisogno di tutti, guidato dalla magica Thula che ha portato scintille ed è scesa dal monte.
Matteo Salvetti