Un punticino a testa. Napoli e Inter si spartiscono egregiamente il bottino, facendo restare intatta la distanza in classifica e permettendo al Milan in caso di vittoria contro la Sampdoria di portarsi momentaneamente al primo posto (con una partita in più). Il solito pareggio all’italiana, tra due squadre con stati d’animo diametralmente opposti: l’Inter doveva riscattare la sconfitta nel Derby, il Napoli invece disputare la gara perfetta in ottica scudetto, sotto il tramonto partenopeo che da queste parti trasforma le illusioni in concrete realtà. Alla fine gli unici che possono abbozzare un gracile sorriso sono gli uomini di Inzaghi, che non hanno disputato la migliore prestazione della stagione, ma grazie alla grinta, al senso di appartenenza ed anche ad un briciolo di fortuna sono riusciti a rispondere al rigore di Insigne con un gol di Dzeko, l’ex attaccante tra l’altro di Luciano Spalletti ai tempi di Roma.
Certo, se il bosniaco è stato decisivo sul piano realizzativo (sono 14 i gol in stagione), colui che ha alzato la saracinesca è il solito Handanovic, eroe all’andata su Mertens, decisivo al ritorno questa volta su Elmas, grazie ad un’uscita salva-partita che ha strozzato l’urlo di gioia del Maradona (oggi gremito). Poco prima, il portierone sloveno aveva neutralizzato una conclusione di Osimhen all’angolino sinistro, complice un errore in fase di impostazione tra Brozovic e Barella. Da quel momento l’Inter è sembrata in netto controllo, anzi ha dominato sul piano del gioco e con un pizzico in più di lucidità avrebbe potuto pure vincere la partita.
Ma il vero dramma si è verificato nel primo tempo, quando i nerazzurri sono stati surclassati fisicamente e tatticamente dal Napoli. Spalletti in conferenza stampa aveva già fatto capire di conoscere i punti deboli della sua ex squadra: così, in mezzo in campo la ferocia di Fabian e di Zielinski si è fatta sentire molto, facendo precipitare in più di un’occasione il docile atteggiamento di Brozovic (ammonito e diffidato), Barella e Calhanoglu, usciti soltanto con il passare dei minuti. Effettivamente, il buon Luciano aveva ragione, se attaccata in velocità la difesa dell’Inter arranca e soffre. Lo sa bene Stefan De Vrij, aggirato come un birillo da un ottimo Osimhen, che proprio sfruttando un’ingenuità dell’olandese si è conquistato il rigore che ha permesso ad Insigne di portare in vantaggio i suoi. Qui il rammarico: se il Napoli avesse sfruttato almeno tre potenziali contropiedi che si era creato, tra cui il palo esterno di Zielinski ad Handanovic battuto, avrebbe ammazzato la partita già nel primo tempo, visto che l’Inter appariva stanca e approssimativa.
Non è stato così. E contro le grandi squadre non puoi permettertelo. Infatti il gol dell’1-1 segnato da Edin Dzeko al secondo minuto della ripresa nasce proprio da una dormita colossale della retroguardia partenopea: tutti fermi a guardare la palla, tranne l’ex attaccante di Roma e City che fulmina Ospina con una conclusione imprendibile sotto la traversa . Dopo il pari, l’Inter è cresciuta. Ha dominato la gara, concedendo qualche futile ripartenza a Insigne, sempre schermata da Milan Skriniar, bersagliato dai tifosi napoletani. Di occasioni importanti se ne sono viste pochissime: male Lautaro (ormai un caso), in ripresa Perisic e Dumfries, autore quest’ultimo di un ottima battaglia con Politano prima (uscito per infortunio) e Di Lorenzo poi. Su quell’asse Spalletti si è giocato una discreta fetta di gara, salvo poi capitolare sul finale: perchè inserire Juan Jesus al posto di un centrocampista come Zielinski?
E’ sembrata la solita sostituzione di paura, in questo caso timore di vincere o di perdere? Il Napoli si è prontamente abbassato, mentre l’Inter sotto lo sguardo di Inzaghi dalla tribuna ha provato ad imbastire il suo gioco, pur essendo agonisticamente scarica . Un problema che Inzaghi dovrà risolvere al più presto in ottica Liverpool e che oggi è stato nascosto dai ritmi blandi del campionato italiano. Curiosa l’ultima azione della partita: calcio di punizione in favore del Napoli e scelta da parte dei giocatori partenopei di rinunciare al solito cross in area di rigore per continuare l’inutile palleggio che di lì a poco avrebbe portato al triplice fischio finale. Era l’ultima occasione, quella tra sogno e realtà, terminata nell’abbraccio alla palla di Samir Handanovic, decisivo e sorridente.