“E se ne va, la capolista se ne va“, così cantavano i tifosi dell’Inter al termine della partita. Nessun coro sarebbe più azzeccato, perché la loro squadra pratica un calcio poetico, ammaliante, asfissiante e, letteralmente, devastante. Vedere i nerazzurri giocare è un sollievo per gli occhi, mentre osservare per una partita il Cagliari è una fitta piaga al cuore, simboleggiata a dovere dal tecnico più inutile della Serie A, Walter Mazzarri.
L’Inter di Inzaghi, che già aveva dimostrato in Champions di potersela giocare alla pari con tutti, continua la sua marcia per lo scudetto, e lo fa non solo festeggiando un poker di gol che sta pure stretto, ma portandosi addirittura al primo posto in classifica, con un +1 sul Milan e un +4 sul Napoli. Dal miracolo di Handanovic contro i partenopei, i nerazzurri non hanno più subito reti in campionato, segnale evidente di crescita anche psicologica: Inzaghi ha lavorato sulla tenuta difensiva e il rendimento infatti è salito di livello.
Anche contro il Cagliari, il portierone sloveno non è stato quasi mai impegnato, solo due conclusioni centrali nel primo tempo, per scaldare i guantoni dal gelo del Meazza. Chi conosce Inzaghi sa che pratica un calcio offensivo, fin troppo spavaldo in più di una circostanza: Mazzarri, ormai nell’anonimato, ha preparato la solita partita difensiva, contenere per poi provare a ripartire, sfruttando magari la fisicità e la scaltrezza del duo Joao Pedro-Keità, i quali però non si sono mai visti dalle parti di Handanovic. Segnale evidente di come l’Inter si sia divertita nel giocare contro il Cagliari.
I nerazzurri cominciano a tartassare i rossoblu sin dai primi minuti. E’ il solito 3-5-2 dinamico di Inzaghi, con Bastoni vestito da Garrincha e con Barella, Brozovic, Sanchez e Lautaro in erezione agonistica. Dalle parti di Cragno, che ha compiuto 11 miracoli (record assoluto di parate nella sua storia), sono arrivati pericoli continui, fulmini a ciel sereno e quattro gol, uno più bello dell’altro. Potevano pure essere di più: perché l’unico difetto che ha l’Inter è quello di non riuscire ad essere cinica sotto porta per la mole di gioco creata. Il primo tempo si è concluso infatti sull’1-0, con lo splendido colpo di testa di Lautaro (assist di Calhanoglu) e numerose occasioni sprecate. Barella ha cominciato a sparare a salve dopo qualche secondo, Skriniar si è sganciato dalla difesa per bombardare l’area di rigore avversaria (guidata dal povero Godin) e Sanchez, a tu per tu con Cragno, si è fatto ipnotizzare dal portiere sardo. Per coronare il giusto monologo si è presentato il rigore sul finire del primo tempo: imbucata perfetta di Dumfries, fallo di Cragno e penalty assegnato senza neanche l’ausilio del Var.
Lautaro, entusiasta per il gol, si è indirizzato verso il dischetto ed è diventato il solito ectoplasma quando si parla di rigori. Dopo l’errore nel derby, si è fatto ammaliare da Cragno. Poteva essere il 2-0, non lo è stato e questo tipo di partite, molto spesso, rivoltano la medaglia contro la positiva sorte, se non le sblocchi.
Per fortuna di Inzaghi e dei suoi tutto questo non è avvenuto. Nel secondo tempo si è consumato l’assedio perfetto, nessuna pietà per il povero Cagliari. Il presidente Giulini dagli spalti del Meazza se ne è andato impallidito per la pessima figura dei suoi: si porterà in sogno la tecnica di Sanchez, la lotta di Lautaro, le scorribande di Skriniar e Bastoni, ma anche la qualità di Brozovic e la corsa del cavallo pazzo olandese (Dumfries). A proposito di quest’ultimo: sta ingranando con il passare delle partite, vedere attentamente le sfide di Roma e Madrid per credere. Lo show dell’Inter si è dunque consumato, con l’assist geniale di Barella e la girata al volo in area di rigore da parte di Sanchez, ma anche con il gol capolavoro di Calhanoglu al 66′, un missile dalla distanza che porta il risultato sul 3-0. Infine ci ha pensato Lautaro a sfruttare l’ennesimo tocco magico di Barella, chiudendo una partita che non ha mai avuto storia. Ovazione della Nord e coro che sale.
Tra la penuria totale del Cagliari, il solo che possiamo salvare è Cragno. Meriterebbe una squadra importante da ormai qualche anno, invece è rimasto in Sardegna a raccogliere palloni in rete. Se non ci fosse stato lui a difendere la porta, il passivo sarebbe stato ancora più allarmante: 11 parate decisive, tra cui quella su Sanchez nel primo tempo e un autentico miracolo nella ripresa su colpo di testa da parte di Skriniar. Tante uscite alte, sicurezza con i piedi e agilità, non ha potuto niente sulle 4 reti nerazzurre.
Inzaghi si è potuto permettere di inserire anche il giovane Mattia Zanotti al minuto 82 (fuori Perisic). “Gioca semplice“, queste le parole pronunciate dall’ex tecnico della Lazio al ragazzino, che nei suoi 10 minuti di gioco non ha sfigurato, aiutato a dovere dai compagni e da un risultato messo ormai in cassaforte. Se l’Inter festeggia il primato in classifica e la voglia di rimanerci fino alla fine di maggio, Mazzari ammetta il suo fallimento e quello del Cagliari. Oggi a San Siro non pioveva neanche, si cerchi altre scuse se mai riuscirà a trovarle. Chi invece assume la vena poetica è l’Inter, uno schiacciasassi che ritorna a far paura.
matt_99football