Chiamatelo nuovo Re Mida. Non è un soprannome, ma la pura verità. Sì, perchè Simone Inzaghi è capace davvero di trasformare in oro tutto ciò che tocca. Lo ha fatto lo scorso anno quando ha tenuto la sua squadra in lotta contro la Juve per quasi un’intera stagione; si è ripetuto nel girone di Champions League regalandosi agli ottavi il Bayern Monaco; infine, come se non bastasse, ha avuto il brillante merito di confermare le sue straordinarie qualità da allenatore anche contro il suo amico Gattuso. Insomma, la vittoria ottenuta dai biancocelesti contro il Napoli vale più di tre punti, considerando una serata partita non proprio con il piede giusto. Nonostante l’assenza di Correa e l’impiego quasi obbligato di Caicedo sin dal primo minuto, durante il riscaldamento anche Acerbi è andato ko costringendo Inzaghi a mettere al centro della sua difesa Hoedt. Scelta obbligata anche se sofferta perchè affrontare una corazzata come il Napoli senza il tuo capitano nonché centrale difensivo più forte non è la missione più semplice. Invece alla fine l’olandese ha retto l’urto, nonostante due svarioni in fase di possesso che hanno fatto infuriare prima Reina e poi lo stesso Inzaghi, il quale ha mandato Patric a riscaldarsi, per mettere la giusta pressione e invitare i suoi a usare la testa prima del corpo.
La classica gara da favola che alla fine ha avuto pure una giusta morale: la Lazio ha vinto la partita perchè ha giocato a calcio, a differenza del Napoli. Una manovra corale, partita dai piedi di Reina e arrivata fino alle due punte, aiutate a dovere da un centrocampo che con Luis Alberto e Milinkovic-Savic assume sempre più i connotati di una macchina da guerra. Il primo gol è poesia pura, arrivata dalla filosofia calcistica di Inzaghi: cross al bacio di Marusic, stacco imperioso di Immobile, vantaggio biancoceleste, più che meritato dopo un assedio continuo alla porta di Ospina.
Se la prima rete è poesia la seconda è arte. Dai piedi di Luis Alberto è partita una pennellata dolce e pungente che si è insaccata all’angolino, proprio dove la nonna nascondeva i biscotti. Colpo del ko, perchè arrivato nel secondo tempo e nel bel mezzo di una partita gestita con il giusto atteggiamento da parte della Lazio e con la convinzione di un gruppo che ha voluto mettersi alle spalle i mezzi passi falsi compiuti contro Verona e Benevento.
Una vittoria, dicevamo, che vale più di tre punti perchè è stata in grado di aprire ufficialmente la prima vera crisi del Napoli. Se la Lazio ha convinto sotto tutti i punti di vista, gli uomini di Gattuso hanno premuto il pulsante del freno piuttosto che quello dell’acceleratore: molli, svogliati e senza grinta. Quasi un’offesa alla mentalità del loro allenatore, il quale si sarà fatto sentire negli spogliatoi al triplice fischio finale. Solo due occasioni da gol create, neutralizzate da un’ottimo Reina, sempre sul pezzo nonostante gli anni che avanzano. Non che il Napoli abbia concesso clamorose palle gol, ma il non gioco di questa sera preoccupa e non poco, alla luce dell’ottima prestazione disputata a San Siro lo scorso mercoledì. Questa volta non ci sono scuse, solo rimproveri. Il primo crollo è quello difensivo, rappresentato a dovere dal distratto duo Koulibaly-Maksimovic, mai in grado di fermare Immobile e Caicedo. Analogo discorso per centrocampo e attacco, con Petagna mal servito e sempre isolato. La sensazione che emerge è solo una: la mancanza di Insigne. Non può essere però un alibi, perchè il Napoli può e deve fare di più, per non incappare in una crisi prolungata che metterebbe a rischio anche le prime posizioni in classifica.
Una serata nera che si affianca anche ad una curiosa statistica: l’ultima vittoria casalinga della Lazio per due a zero contro il Napoli risaliva al 2010 con Reja in panchina e con Mazzarri sulla sponda partenopea. Esattamente dieci anni fa, sicuramente non pochi. Simone Inzaghi ha avuto anche questo merito. Altrimenti non avrebbe assunto l’identità di nuovo Re Mida.