Che cos’è l’amicizia? Un termine usato molto spesso, ricco di emotività, ma confuso da tutti nelle sue varie accezioni. Essere amici vuol dire condividere momenti piacevoli assieme, sorridere alla vita, superare le difficoltà e contemplare la natura riflettendo sulle regole infinite dell’Universo, magari isolati per qualche secondo dal mondo. Ma la vera amicizia, o almeno quella più bella, non si instaura tra pari di età, ma tra un ragazzo e un bambino, che vive nel riflesso dei tuoi occhi perché trova protezione e voglia di aprirsi al mondo.
E pensare che proprio il mondo del calcio ci ha consegnato una delle storie di amicizia più commoventi, tra Jermain Defoe (ex attaccante del Sunderland) e il piccolo Bradley Lowery, sfortunato bambino afflitto da una malattia incurabile. Tutto cominciò in una soleggiata giornata del settembre 2016, a Sunderland, durante una raccolta fondi a favore di una cura contro un ignoto neuroblastoma, che aveva colpito proprio il ragazzino. In quell’occasione, infatti, la Premier League regalava allo Stadium of Light un match imperdibile contro l’Everton, in cui i padroni di casa poggiavano la loro forza proprio su Defoe. Il legame tra l’attaccante e il piccolo Bradley si rafforzò in quel pomeriggio, quando al bambino fu data la possibilità di scendere in campo mano nella mano con il suo giocatore preferito, circondato anche da campioni che oggi stanno facendo la storia; lo stadio cantava il suo nome, rilasciando un’emozione fortissima, quella di essere visto in tutto il mondo e di contribuire a dare un supporto in più al suo club inglese preferito. Il ricavato della partita venne interamente consegnato alla famiglia di Bradley, per sviluppare la ricerca e per cercare di continuare a lottare, nel segno del destino. Fu un momento di grandissima gioia per il piccolo tifoso, che commentò la sua emozione anche nel dopo gara con la spensieratezza che solo un bambino riesce a trasmettere.
L’amicizia tra Defoe e Bradley non si concluse al seguito di Sunderland-Everton. I due erano sempre in contatto tra loro, con videochiamate e semplici messaggi, perché ormai erano amici per l’eternità, nessuno poteva più separarli. Defoe, ogni volta che non aveva impegni con il suo club, si recava dal suo piccolo amico, costretto a dover sostare un po’ in casa e un po’ in ospedale. Non fu l’unica volta che i due scesero in campo mano nella mano; tre mesi più tardi, contro il Chelsea di Antonio Conte, c’era anche Brads nel riscaldamento, vestito con la sua calzamaglia nera e con i guanti rossi, viste le temperature rigide percepite oltremanica. Di quel pomeriggio tutti si ricordano i passaggi con Diego Costa e il rigore segnato a Begovic: lo spagnolo posizionò la palla in area di rigore, il piccolo Bradley calciò spiazzando il portiere dei Blues e lo stadio esplose pronunciando il suo nome. Pochi giorni dopo, infatti, la Premier League eleggerà la sua rete come la più bella del mese di dicembre, lo sanno bene i fuoriclasse.
Lo chiamavano la mascotte del campionato inglese. Avevano capito tutto, anche perchè il piccolo Bradley, che aveva solo 6 anni, mostrava un affetto incredibile, da grande fenomeno. Un paio di mesi più tardi fu proprio Defoe a fargli visita in ospedale. In un’intervista l’attaccante inglese ha raccontato: “Quel giorno entrai nella sua stanza e lui mi saltò al collo, dicendomi: su, entra nel letto con me. Allora mi ha coperto e poi ha chiesto a sua mamma: Non è che potresti spegnere le luci? Grazie.” Quella notte passò alla storia, così bella, surreale, emozionante, tanto che lo stesso Defoe il mattino seguente avvisò l’allenatore Moyes per dirgli che sarebbe stato con il suo amico e che non si sarebbe presentato all’allenamento.
Purtroppo, però, il male ha avuto la meglio, portandosi via il piccolo tifoso del Sunderland nel luglio del 2017. La Premier League rimase sconvolta, il suo angelo preferito era volato in cielo, pronto per proteggere i suoi beniamini da lassù. Il più colpito fu proprio Defoe, che si fermò a riflettere sui veri valori della vita e sugli attimi passati assieme, indimenticabili, forti come la pioggia in alta montagna che si incunea tra le rocce. Le ovazioni del pubblico di Sunderland, il siparietto con Diego Costa e quell’entrata, mano nella mano, con il suo attaccante preferito fecero il giro del mondo, come avrebbe voluto il piccoletto. Defoe decise di tatuarsi sul braccio destro la scritta “Brads“, per ricordare e per non dimenticare mai ciò che i due avevano vissuto assieme. Erano migliori amici, separati adesso dalla lontananza, ma vicini sempre e comunque, con il pensiero e con il ricordo.
Una storia commovente che continua nell’inverno 2019, quando l’attaccante inglese passò dal Sunderland ai Rangers, squadra scozzese e tifata proprio dalla famiglia e dal piccolo Bradley. Una scelta fatta con il cuore, tanto che il primo gol segnato, in un’amichevole contro l’Oxford, fu dedicato proprio al suo migliore amico, che avrà sorriso, come ai vecchi tempi, quelli teneri che non torneranno più. Sarebbe bello riavvolgere la vita dall’inizio, per rivivere alcuni momenti, ma forse il trucco sta nel saper valorizzare ogni situazione che la vita stessa propone. Defoe lo ha fatto, insieme al suo angelo Bradley, che adesso lo guarderà dall’alto, nel ricordo di quell’entrata in campo mano nella mano che nessuno potrà mai dimenticare.